Partorire al Salesi, il racconto di Mamma Romina

Salesi Una mamma racconta… “Il parto: beh fino all’ultimo ho cercato di non pensarci, poi al nono mese è stato inevitabile, ho iniziato ad immaginare come sarebbe stato, a leggere e ad avere paura, sì ad avere proprio paura! A 40 settimane suonate il monitoraggio segnava solamente linee piatte, quindi sono stata ricoverata per l’induzione. Una bella luna nuova illuminava il cielo di Ancona e in quel momento (casualità o influsso della luna) stavano partorendo tutte le donne del posto. Proprio a causa dell’intasamento del Salesi sono stata ricoverata in sala travaglio alle 10 del mattino e dal momento che le sale parto erano tutte occupate ho dovuto aspettare le 18 prima di essere presa in considerazione e nel frattempo da dietro le sottili tendine separa-lettini arrivavano urla e pianti da tre donne che avrebbero partorito prima di me.. esperienza terrificante che non auguro a nessuno. Unica nota positiva di tutta quell’attesa è stata che mi sono partite le contrazioni spontaneamente e mi sono risparmiata l’induzione. La dilatazione è avvenuta piuttosto rapidamente in qualche ora ero già a 6 cm, dolori sopportabili, anche grazie all’epidurale, che ho fatto senza pensarci due volte  (ho sempre creduto che se è possibile soffrire un po’ meno non c’è niente di male).  Diciamo che il travaglio l’ho saputo gestire bene, finalmente nel silenzio della sala travaglio in cui ero rimasta da sola con Adriano, mio marito, e l’ostetrica. L’assunzione del rimedio omeopatico, Apermus, credo abbia contribuito ad agevolare la dilatazione, chissà?!? Verso le 2 di notte mi hanno rotto le acque e da lì a poco mi hanno detto di iniziare con le spinte. Dopo circa un’ora di spinte in varie posizioni ci siamo trasferiti in sala parto. L’ultima ora per me è stata davvero molto dura, spingevo con tutta la mia forza ad ogni contrazione ma la mia Alice non voleva proprio scendere, io spingevo, spingevo ma nulla…allora l’ostetrica mi disse che mi avrebbe fatto aiutare dalla ginecologa, che non c’era tempo da perdere perché la piccola era ormai in sofferenza. L’arrivo della ginecologa non lo scorderò mai, una bionda statuaria, bella e dal volto d’angelo, mi disse di avvertirla quando avrei avuto la prossima contrazione e al mio cenno, si trasformò in un “torturatore”,  estrasse da vicino il mio fianco  una maniglia di acciaio a cui era legata una cinghia di cuoio e spinse con forza sulla mia pancia. Già la vista di quell’attrezzo infernale mi spaventò a morte e il dolore provato mi ha veramente traumatizzata (è stato l’unico momento in cui ho urlato come una pazza, come non l’avevo mai fatto in vita mia). Da lì il rifiuto di collaborare, ero sfinita non riuscivo più a spingere e il solo pensiero di un’altra manovra sulla pancia (che solo dopo seppi che si trattava della manovra di Kristeller) mi terrorizzava, ho iniziato a non dire più quando avevo le contrazioni, poi però non avendo altra possibilità mi sono decisa a collaborare. Un’altra cosa che avrei voluto evitare era l’episiotomia, avevo fatto esercizi per il perineo mesi e mesi, ma in quel momento avrebbero potuto tagliarmi tutta, non mi importava più nulla, volevo solo che la testa di Alice uscisse, così è stato, un bel taglio e la piccola è uscita, con un pianto forte e deciso. Era finita, finalmente, ma lo stordimento, l’emozione, gli ormoni tutto insieme mi hanno creato una sorta di amnesia post parto. L’ultimo ricordo nitido per un paio di giorni è il momento in cui mi hanno messo Alice sul petto che, nata da un minuto, si arrampicava alla ricerca del capezzolo e mi guardava con un occhietto aperto e un occhietto chiuso, questo non lo scorderò mai.” Mamma Romina]]>

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