epidurale e travaglio

Epidurale e partoanalgesia – informiamoci

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LA PARTOANALGESIA

Per parlare in modo esaustivo della partoanalgesia, innanzitutto è doveroso spendere qualche riga per parlare, seppur in estrema sintesi, di ciò che avviene durante un travaglio fisiologico.
Quando il bambino è pronto per venire al mondo, cioè quando percepisce che l’ambiente fino a quel momento adeguato al suo accrescimento, non lo è più, darà l’avvio ad un’intensa cascata ormonale che, insieme alle doglie, condurrà la donna verso l’immersione in sé, l’abbandono, l’apertura ed in seguito verso l’accoglienza della nuova vita.
Ossitocina, endorfine e adrenalina sono alcuni degli ormoni più rilevanti nel travaglio. Questi agiscono tramite un meccanismo circolare che si autoalimenta: l’aumentare o il diminuire di uno stimola la produzione o l’inibizione di un altro, e così via.
In questo circolo rientra anche la sensazione dolorosa: anche il dolore assume una sua ciclicità, un suo ritmo e andrà ad alimentare questa macchina perfetta che, però, per funzionare ha bisogno della presenza di molti altri fattori per poter verificarsi: un ambiente protetto, intimo e caldo, con luci soffuse, la possibilità di cambiare posizione in base alle esigenze del corpo di mamma e bimbo per adattarsi al passaggio nel canale del parto, il sostegno, l’assenza di rumori forti.
Tutte queste caratteristiche rendono il dolore del travaglio/parto difficilmente comparabile ad altre esperienze dolorose. Durante il travaglio esso cambierà in frequenza, durata ed intensità; la sua percezione e la risposta individuale ad esso sarà altamente diversificata e soggettiva: alcune donne riescono a gestirlo autonomamente, mentre altre hanno bisogno di ulteriori risorse reperibili dall’ambiente circostante.
Per questo, fin dall’antichità, si sono cercati rimedi per ovviare a tale dolore e la medicina moderna, con l’avvento della tecnologia, durante gli anni ha messo a disposizione varie metodiche analgesiche.
travaglio-epiduraleOggi la più diffusa e conosciuta è l’analgesia epidurale (o peridurale). Vediamola nello specifico.
L’epidurale prevede l’iniezione di un anestetico locale, generalmente in combinazione con analgesici oppioidi, nello spazio che si trova tra il canale vertebrale e la dura madre (una membrana fibrosa che riveste il canale spinale), tramite il posizionamento di un cateterino flessibile.
Questa tecnica viene effettuata sterilmente da un anestesista, mentre la donna manterrà una posizione supina sul fianco sinistro o seduta, con la testa flessa verso il torace, in modo da rendere più identificabile e accessibile la zona interessata (L2-L3 o L3-L4).
Prima di introdurre l’ago, l’anestesista disinfetterà la superficie cutanea ed effettuerà un’iniezione di anestetico locale, per ridurre il bruciore/fastidio.
Dopo aver introdotto l’ago, che servirà da guida, l’anestesista farà scorrere al suo interno il cateterino.
Una volta sfilato l’ago, la parte del cateterino rimasta fuori verrà fissata alla schiena della donna con un cerotto e verrà collegata ad una piccola valvola che servirà alla somministrazione dei farmaci analgesici.
Dopo la somministrazione verrà effettuato un monitoraggio cardiotografico continuo (rileva il battito del bimbo e l’intensità della contrazione) per i trenta minuti successivi e verrà controllata la pressione arteriosa; entrambi i parametri verranno comunque rilevati con regolarità durante tutta la durata dell’analgesia (ogni ospedale ha il suo protocollo assistenziale).
La somministrazione dell’analgesia dovrebbe avvenire a travaglio ben avviato, cioè quando le contrazioni sono regolari e dolorose, il collo dell’utero è assottigliato e dilatato almeno 2-3 cm e la testa del bambino ha iniziato ad incanalarsi.
Come ogni intervento medico, l’analgesia epidurale non è esente da rischi:
Per la mamma
– Ipotensione
– Febbre
– Puntura accidentale della dura madre (si presenta generalmente con cefalea che viene alleviata con posizione supina per 24-48 ore e somministrazione di FANS)
– Lombalgia
– Malposizionamento del catetere (presenza di zona non anestetizzata;  blocco unilaterale, in cui metà del corpo non è anestetizzata; inserzione intravascolare accidentale)
– Lesioni neurologiche maggiori (0,0006%-0,0007%)
Si è visto che i travagli con l’ausilio dell’analgesia epidurale sono associati ad un prolungamento significativo del secondo stadio del parto e a maggiori probabilità di ricorrere ad un parto operativo (con forcipe o ventosa).
Per il bambino
Ad oggi non sono disponibili validi studi che indaghino sulle possibili interferenze dell’epidurale sull’attività neuro-comportamentale del neonato, sia a pochi giorni dal parto, sia a distanza di un tempo più lungo. Si sono riscontrati, però, degli effetti sul bambino conseguenti a quelli prodotti sulla madre:
–          Effetti sull’equilibrio ormonale, specialmente durante il periodo dell’avvio dell’allattamento;
–          Effetti sul battito cardiaco fetale (la posizione supina in travaglio può contribuire in modo significativo), sulla pressione sanguigna e sulla temperatura.
Esistono, d’altro canto, moltissime altre metodiche di contenimento del dolore non farmacologiche, ma che approfondiremo più avanti: posizioni libere della donna, l’acqua, l’aromaterapia, lo shiatsu, lo yoga, l’agopuntura, la moxa, l’ipnosi, T.E.N.S., le visualizzazioni e la musica, il canto e l’uso della voce, i fiori di Bach.
In conclusione, l’esperienza del dolore gioca un ruolo fondamentale nell’evento nascita attivando e guidando la donna sia fisicamente sia mentalmente, ma solo se avviene in un contesto dove la donna si sente protetta, sostenuta e libera di esprimersi. La partoanalgesia è, a tutti gli effetti, un atto medico, perciò il suo utilizzo deve basarsi su una vera scelta informata, sui bisogni e sulle risorse di ogni donna.
Dott.ssa Serena Polenti ostetrica libera professionista
Bibliografia
Salute e nascita, Verena Schmid, Ed. Urra, 2003
Travaglio e parto senza paura, Emanuela Rocca, Ed. Il leone verde, 2013
Intrapartum care: care of healthy women and their babies during childbirth, NICE, 2014
Requisiti E Raccomandazioni Per L’assistenza Perinatale,Società italiana di medicina perinatale,SEE Firenze, 1999
Modalità di gestione del dolore da parto – metodi farmacologici, Quesiti Clinico-Assistenziali – anno 3, n.3, Editore Zadig giugno 2012

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LA PARTOANALGESIA

Per parlare in modo esaustivo della partoanalgesia, innanzitutto è doveroso spendere qualche riga per parlare, seppur in estrema sintesi, di ciò che avviene durante un travaglio fisiologico.
Quando il bambino è pronto per venire al mondo, cioè quando percepisce che l’ambiente fino a quel momento adeguato al suo accrescimento, non lo è più, darà l’avvio ad un’intensa cascata ormonale che, insieme alle doglie, condurrà la donna verso l’immersione in sé, l’abbandono, l’apertura ed in seguito verso l’accoglienza della nuova vita.
Ossitocina, endorfine e adrenalina sono alcuni degli ormoni più rilevanti nel travaglio. Questi agiscono tramite un meccanismo circolare che si autoalimenta: l’aumentare o il diminuire di uno stimola la produzione o l’inibizione di un altro, e così via.
In questo circolo rientra anche la sensazione dolorosa: anche il dolore assume una sua ciclicità, un suo ritmo e andrà ad alimentare questa macchina perfetta che, però, per funzionare ha bisogno della presenza di molti altri fattori per poter verificarsi: un ambiente protetto, intimo e caldo, con luci soffuse, la possibilità di cambiare posizione in base alle esigenze del corpo di mamma e bimbo per adattarsi al passaggio nel canale del parto, il sostegno, l’assenza di rumori forti.
Tutte queste caratteristiche rendono il dolore del travaglio/parto difficilmente comparabile ad altre esperienze dolorose. Durante il travaglio esso cambierà in frequenza, durata ed intensità; la sua percezione e la risposta individuale ad esso sarà altamente diversificata e soggettiva: alcune donne riescono a gestirlo autonomamente, mentre altre hanno bisogno di ulteriori risorse reperibili dall’ambiente circostante.
Per questo, fin dall’antichità, si sono cercati rimedi per ovviare a tale dolore e la medicina moderna, con l’avvento della tecnologia, durante gli anni ha messo a disposizione varie metodiche analgesiche.
travaglio-epiduraleOggi la più diffusa e conosciuta è l’analgesia epidurale (o peridurale). Vediamola nello specifico.
L’epidurale prevede l’iniezione di un anestetico locale, generalmente in combinazione con analgesici oppioidi, nello spazio che si trova tra il canale vertebrale e la dura madre (una membrana fibrosa che riveste il canale spinale), tramite il posizionamento di un cateterino flessibile.
Questa tecnica viene effettuata sterilmente da un anestesista, mentre la donna manterrà una posizione supina sul fianco sinistro o seduta, con la testa flessa verso il torace, in modo da rendere più identificabile e accessibile la zona interessata (L2-L3 o L3-L4).
Prima di introdurre l’ago, l’anestesista disinfetterà la superficie cutanea ed effettuerà un’iniezione di anestetico locale, per ridurre il bruciore/fastidio.
Dopo aver introdotto l’ago, che servirà da guida, l’anestesista farà scorrere al suo interno il cateterino.
Una volta sfilato l’ago, la parte del cateterino rimasta fuori verrà fissata alla schiena della donna con un cerotto e verrà collegata ad una piccola valvola che servirà alla somministrazione dei farmaci analgesici.
Dopo la somministrazione verrà effettuato un monitoraggio cardiotografico continuo (rileva il battito del bimbo e l’intensità della contrazione) per i trenta minuti successivi e verrà controllata la pressione arteriosa; entrambi i parametri verranno comunque rilevati con regolarità durante tutta la durata dell’analgesia (ogni ospedale ha il suo protocollo assistenziale).
La somministrazione dell’analgesia dovrebbe avvenire a travaglio ben avviato, cioè quando le contrazioni sono regolari e dolorose, il collo dell’utero è assottigliato e dilatato almeno 2-3 cm e la testa del bambino ha iniziato ad incanalarsi.
Come ogni intervento medico, l’analgesia epidurale non è esente da rischi:
Per la mamma
– Ipotensione
– Febbre
– Puntura accidentale della dura madre (si presenta generalmente con cefalea che viene alleviata con posizione supina per 24-48 ore e somministrazione di FANS)
– Lombalgia
– Malposizionamento del catetere (presenza di zona non anestetizzata;  blocco unilaterale, in cui metà del corpo non è anestetizzata; inserzione intravascolare accidentale)
– Lesioni neurologiche maggiori (0,0006%-0,0007%)
Si è visto che i travagli con l’ausilio dell’analgesia epidurale sono associati ad un prolungamento significativo del secondo stadio del parto e a maggiori probabilità di ricorrere ad un parto operativo (con forcipe o ventosa).
Per il bambino
Ad oggi non sono disponibili validi studi che indaghino sulle possibili interferenze dell’epidurale sull’attività neuro-comportamentale del neonato, sia a pochi giorni dal parto, sia a distanza di un tempo più lungo. Si sono riscontrati, però, degli effetti sul bambino conseguenti a quelli prodotti sulla madre:
–          Effetti sull’equilibrio ormonale, specialmente durante il periodo dell’avvio dell’allattamento;
–          Effetti sul battito cardiaco fetale (la posizione supina in travaglio può contribuire in modo significativo), sulla pressione sanguigna e sulla temperatura.
Esistono, d’altro canto, moltissime altre metodiche di contenimento del dolore non farmacologiche, ma che approfondiremo più avanti: posizioni libere della donna, l’acqua, l’aromaterapia, lo shiatsu, lo yoga, l’agopuntura, la moxa, l’ipnosi, T.E.N.S., le visualizzazioni e la musica, il canto e l’uso della voce, i fiori di Bach.
In conclusione, l’esperienza del dolore gioca un ruolo fondamentale nell’evento nascita attivando e guidando la donna sia fisicamente sia mentalmente, ma solo se avviene in un contesto dove la donna si sente protetta, sostenuta e libera di esprimersi. La partoanalgesia è, a tutti gli effetti, un atto medico, perciò il suo utilizzo deve basarsi su una vera scelta informata, sui bisogni e sulle risorse di ogni donna.
Dott.ssa Serena Polenti ostetrica libera professionista
Bibliografia
Salute e nascita, Verena Schmid, Ed. Urra, 2003
Travaglio e parto senza paura, Emanuela Rocca, Ed. Il leone verde, 2013
Intrapartum care: care of healthy women and their babies during childbirth, NICE, 2014
Requisiti E Raccomandazioni Per L’assistenza Perinatale,Società italiana di medicina perinatale,SEE Firenze, 1999
Modalità di gestione del dolore da parto – metodi farmacologici, Quesiti Clinico-Assistenziali – anno 3, n.3, Editore Zadig giugno 2012

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LA PARTOANALGESIA

Per parlare in modo esaustivo della partoanalgesia, innanzitutto è doveroso spendere qualche riga per parlare, seppur in estrema sintesi, di ciò che avviene durante un travaglio fisiologico.
Quando il bambino è pronto per venire al mondo, cioè quando percepisce che l’ambiente fino a quel momento adeguato al suo accrescimento, non lo è più, darà l’avvio ad un’intensa cascata ormonale che, insieme alle doglie, condurrà la donna verso l’immersione in sé, l’abbandono, l’apertura ed in seguito verso l’accoglienza della nuova vita.
Ossitocina, endorfine e adrenalina sono alcuni degli ormoni più rilevanti nel travaglio. Questi agiscono tramite un meccanismo circolare che si autoalimenta: l’aumentare o il diminuire di uno stimola la produzione o l’inibizione di un altro, e così via.
In questo circolo rientra anche la sensazione dolorosa: anche il dolore assume una sua ciclicità, un suo ritmo e andrà ad alimentare questa macchina perfetta che, però, per funzionare ha bisogno della presenza di molti altri fattori per poter verificarsi: un ambiente protetto, intimo e caldo, con luci soffuse, la possibilità di cambiare posizione in base alle esigenze del corpo di mamma e bimbo per adattarsi al passaggio nel canale del parto, il sostegno, l’assenza di rumori forti.
Tutte queste caratteristiche rendono il dolore del travaglio/parto difficilmente comparabile ad altre esperienze dolorose. Durante il travaglio esso cambierà in frequenza, durata ed intensità; la sua percezione e la risposta individuale ad esso sarà altamente diversificata e soggettiva: alcune donne riescono a gestirlo autonomamente, mentre altre hanno bisogno di ulteriori risorse reperibili dall’ambiente circostante.
Per questo, fin dall’antichità, si sono cercati rimedi per ovviare a tale dolore e la medicina moderna, con l’avvento della tecnologia, durante gli anni ha messo a disposizione varie metodiche analgesiche.
travaglio-epiduraleOggi la più diffusa e conosciuta è l’analgesia epidurale (o peridurale). Vediamola nello specifico.
L’epidurale prevede l’iniezione di un anestetico locale, generalmente in combinazione con analgesici oppioidi, nello spazio che si trova tra il canale vertebrale e la dura madre (una membrana fibrosa che riveste il canale spinale), tramite il posizionamento di un cateterino flessibile.
Questa tecnica viene effettuata sterilmente da un anestesista, mentre la donna manterrà una posizione supina sul fianco sinistro o seduta, con la testa flessa verso il torace, in modo da rendere più identificabile e accessibile la zona interessata (L2-L3 o L3-L4).
Prima di introdurre l’ago, l’anestesista disinfetterà la superficie cutanea ed effettuerà un’iniezione di anestetico locale, per ridurre il bruciore/fastidio.
Dopo aver introdotto l’ago, che servirà da guida, l’anestesista farà scorrere al suo interno il cateterino.
Una volta sfilato l’ago, la parte del cateterino rimasta fuori verrà fissata alla schiena della donna con un cerotto e verrà collegata ad una piccola valvola che servirà alla somministrazione dei farmaci analgesici.
Dopo la somministrazione verrà effettuato un monitoraggio cardiotografico continuo (rileva il battito del bimbo e l’intensità della contrazione) per i trenta minuti successivi e verrà controllata la pressione arteriosa; entrambi i parametri verranno comunque rilevati con regolarità durante tutta la durata dell’analgesia (ogni ospedale ha il suo protocollo assistenziale).
La somministrazione dell’analgesia dovrebbe avvenire a travaglio ben avviato, cioè quando le contrazioni sono regolari e dolorose, il collo dell’utero è assottigliato e dilatato almeno 2-3 cm e la testa del bambino ha iniziato ad incanalarsi.
Come ogni intervento medico, l’analgesia epidurale non è esente da rischi:
Per la mamma
– Ipotensione
– Febbre
– Puntura accidentale della dura madre (si presenta generalmente con cefalea che viene alleviata con posizione supina per 24-48 ore e somministrazione di FANS)
– Lombalgia
– Malposizionamento del catetere (presenza di zona non anestetizzata;  blocco unilaterale, in cui metà del corpo non è anestetizzata; inserzione intravascolare accidentale)
– Lesioni neurologiche maggiori (0,0006%-0,0007%)
Si è visto che i travagli con l’ausilio dell’analgesia epidurale sono associati ad un prolungamento significativo del secondo stadio del parto e a maggiori probabilità di ricorrere ad un parto operativo (con forcipe o ventosa).
Per il bambino
Ad oggi non sono disponibili validi studi che indaghino sulle possibili interferenze dell’epidurale sull’attività neuro-comportamentale del neonato, sia a pochi giorni dal parto, sia a distanza di un tempo più lungo. Si sono riscontrati, però, degli effetti sul bambino conseguenti a quelli prodotti sulla madre:
–          Effetti sull’equilibrio ormonale, specialmente durante il periodo dell’avvio dell’allattamento;
–          Effetti sul battito cardiaco fetale (la posizione supina in travaglio può contribuire in modo significativo), sulla pressione sanguigna e sulla temperatura.
Esistono, d’altro canto, moltissime altre metodiche di contenimento del dolore non farmacologiche, ma che approfondiremo più avanti: posizioni libere della donna, l’acqua, l’aromaterapia, lo shiatsu, lo yoga, l’agopuntura, la moxa, l’ipnosi, T.E.N.S., le visualizzazioni e la musica, il canto e l’uso della voce, i fiori di Bach.
In conclusione, l’esperienza del dolore gioca un ruolo fondamentale nell’evento nascita attivando e guidando la donna sia fisicamente sia mentalmente, ma solo se avviene in un contesto dove la donna si sente protetta, sostenuta e libera di esprimersi. La partoanalgesia è, a tutti gli effetti, un atto medico, perciò il suo utilizzo deve basarsi su una vera scelta informata, sui bisogni e sulle risorse di ogni donna.
Dott.ssa Serena Polenti ostetrica libera professionista
Bibliografia
Salute e nascita, Verena Schmid, Ed. Urra, 2003
Travaglio e parto senza paura, Emanuela Rocca, Ed. Il leone verde, 2013
Intrapartum care: care of healthy women and their babies during childbirth, NICE, 2014
Requisiti E Raccomandazioni Per L’assistenza Perinatale,Società italiana di medicina perinatale,SEE Firenze, 1999
Modalità di gestione del dolore da parto – metodi farmacologici, Quesiti Clinico-Assistenziali – anno 3, n.3, Editore Zadig giugno 2012

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